B -Scenari di Rischio: generalità
SEZIONE B: SCENARI DI RISCHIO
PREMESSA
Benché basato su basi scientifiche, il processo previsionale rimane fortemente ancorato all’alea di un’interpretazione umana che raccoglie, valuta ed elabora attingendo informazioni da diverse fonti. Fra queste, quelle più importanti, sono i modelli numerici, fra i quali il modello globale del centro europeo ed i modelli ad area limitata gestiti in proprio. Laddove questi modelli differiscano sensibilmente è compito del previsore elaborare una sintesi previsionale che tenda a minimizzare i rischi e presenti il maggior grado di attendibilità possibile.
E’, quindi, generalmente accetto il ricorso a tabelle sinottiche come quella appresso riportata che rispecchiano la sommatoria delle conoscenze scientifiche maggiormente accreditate:
In senso generale, i singoli aspetti saranno trattati negli scenari specifici, i rischi valutati in questo frangente vanno ad impattare su due soggetti fondamentali:
-
la popolazione che si trova a stazionare nell’area del Comune di Monsummano Terme (cittadini residente, turisti, soggetti pendolari, etc);
-
l’Ente Comune, inteso come la sommatoria delle proprie componenti e funzioni.
Nel primo caso, infatti, è palese che i soggetti maggiormente esposti siano coloro che subiscano i disagi maggiori determinati dai singoli eventi presi in considerazione in chiave interconnessa fra loro. Ecco che allagamenti, forti piogge, grandinate, smottamenti e frane, venti forti, temporali, inondazioni improvvise, determinano isolamenti di soggetti dalla viabilità principale e relative vie di fuga o percorsi d’esodo stabiliti, impossibilità di raggiungere i luoghi di aggregazione sicuri, pericolo nel tentativo di mettere in salvo beni personali.
Nel secondo caso, oltre ai tempi appena trattati di cui gli operatori ed i mezzi a disposizione non risultano scevri, è osservabile una diminuzione dei tempi di risposta e della capacità operativa, oltre che ad un conseguente allungamento delle tempistiche di ripristino quo ante.
Ai fini dell’individuazione probabilistica relativa alla possibilità che un evento si manifesti sul territorio comunale è stato svolto un lavoro di raccolta di informazioni e dati storici attingendo a varie fonti disponibili. Le informazioni acquisite sono state analizzate e ad ogni evento è stata attribuito un valore di magnitudo stimato in base alla descrizione dell’evento e dei danni prodotti (ad
eccezione dei terremoti dove il grado di magnitudo è noto).
Ai fini della valutazione dei tempi di ritorno si è ritenuto di utilizzare di volta in volta il valore della moda, della media o della mediana in relazione alla quantità e qualità dei dati raccolti in base ad una valutazione meramente soggettiva dei dati assunti.
Lo studio riveste un valore puramente indicativo e restituisce valori di probabilità di accadimento di un determinato evento in un determinato tempo (tempo di ritorno) atteso nelle sue conseguenze massime prodotte sul territorio (magnitudo massima registrata tra tutti gli eventi).
La valenza e l’attendibilità sono minimi e puramente indicativi poiché le fonti dati sono perlopiù descrittive ed i campioni sono di norma scarsi quando non nulli (non si trova traccia di eventi storici di quel determinato evento) per buona parte dei rischi contemplati.
Tuttavia il dato assume una sua valenza per un primo approccio probabilistico ai fenomeni che potenzialmente possono interessare i nostri territori. In futuro i dati degli eventi accaduti saranno gestiti e registrati dall’U.O.A.- Protezione Civile e andranno a formare una base dati omogenea per ulteriori analisi sugli eventi che potranno interessare il territorio del Comune di Monsummano Terme.
IDENTIFICAZIONE DEGLI SCENARI DI RISCHIO GENERALE
Come evidenziato in altre parti del Piano, il concetto di “rischio” resta una nozione astratta, concettualmente legata al comune sentire di “subire un danno”.
In ambito di protezione civile, mutuando la definizione data nel 1984 da Varnes e pubblicata in un rapporto dell’Unesco, il rischio è definito, in termini matematico-probabilistici, in base al prodotto delle tre componenti essenziali che lo influenzano: pericolosità, esposizione e vulnerabilità, secondo l’equazione:
R=PxVxE1
D (danno)
Dove:
R= rischio
P= la probabilità che un fenomeno di una determinata intensità si verifichi in un certo periodo di tempo, in una data area;
V= la vulnerabilità di un elemento (persone, edifici, infrastrutture, attività economiche) è la propensione a subire danneggiamenti in conseguenza delle sollecitazioni indotte da un evento di una certa intensità;
E= esposizione, è il numero di unità (o “valore”) di ognuno degli elementi a rischio presenti in una data area, come le vite umane o gli insediamenti.
Pericolosità
La pericolosità territoriale è una valutazione probabilistica basata su dati statistici e modellazioni scientifiche eventualmente disponibili, altrimenti è espressa come dato puramente empirico (ovvero dalla combinazione di due o più approcci), legata al dove, quando e con quale intensità si verificherà un determinato evento quindi nella capacità potenziale di un pericolo di provocare un evento innescante che scateni una sequenza incidentale in grado di produrre danni all’uomo o all’ambiente.
Le conseguenze causate dall’incidente, in relazione alla vulnerabilità degli elementi esposti, produrranno il danno.
Alcune definizioni di pericolo si rinvengono siano nella letteratura scientifica che legale:
-
Proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni( art. 2, lettera r, D.Lgs. 81/08);
-
Causa o origine di un danno o di una perdita potenziali. (UNI 11230– Gestione del rischio) Potenziale sorgente di danno (UNI EN ISO 12100-1);
-
Proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore (sostanza, attrezzo, metodo di lavoro) avente la potenzialità di causare danni, (Orientamenti CEE riguardo alla valutazione dei rischi di lavoro);
-
Fonte o situazione potenzialmente dannosa in termini di lesioni o malattie, danni alle proprietà, all’ambiente di lavoro, all’ambiente circostante o una combinazione di questi. (OHSAS 18001, 3.4).
Al fine di analizzare il pericolo di un evento si impiegano diverse metodologie:
-
Approccio statistico: in relazione alle serie storiche dell’evento in esame vengono elaborate predizioni matematiche che tengono conto unicamente dei parametri di ricorrenza e delle relative magnitudo.
-
Approccio tramite modelli deterministici: attraverso modellazioni che utilizzano equazioni matematiche basate su leggi fisiche che governano il fattore causale e le sue interazioni con il territorio, si cerca di prevedere l’evoluzione quantitativa di un evento inquadrato in un determinato ambito spaziale e temporale. Questo metodo è applicabile a fenomeni le cui leggi di governo siano note e riconducibili a formulazioni matematiche, inoltre devono essere disponibili dati numerici relativi alle variabili del sistema di equazioni.
-
Approccio empirico: si tratta di un metodo che non si basa su modelli ma su considerazioni qualitative di alcuni parametri chiave del fenomeno individuati ai fini di una possibile predizione di eventi futuri, si tratta di norma dell’individuazione di aree omogenee con caratteristiche simili di possibile reazione al manifestarsi del fenomeno.
Ai fini di una valutazione il più aderente possibile alla realtà, indipendentemente dai modelli di analisi utilizzati, è opportuno, quando fattibile, considerare l’ipotetica azione del pericolo in maniera sistemica, valutandone cioè la correlazione con gli elementi territoriali che interagiscono con l’evento primario e che possono a loro volta mutare la configurazione del pericolo amplificandone la magnitudo oppure creare effetti dominio che attivano scenari di pericolo secondari. Il territorio è un sistema di interazioni e relazioni che non possono essere valutate in forma disgiunta.
Le classi di pericolosità
Le classi di pericolosità vengono individuate per indicare la probabilità che un determinato evento si presenti (dove e quando) con una determinata intensità, come abbiamo visto si tratta di valutazioni empiriche che quando è possibile sono supportate da dati statistici e formulazioni matematiche attraverso modelli. Il sistema prevede una suddivisione in tre classi :
P3 = elevata probabilità di accadimento X Magnitudo da media ad altissima
P2 = media probabilità di accadimento X Magnitudo da bassa a media
P1 = bassa probabilità di accadimento X Magnitudo da molto bassa a bassa
Le classi di magnitudo utilizzate nel piano vengono mutuate dalla scala macrosismica europea (EMS-98) e raggruppate in macroclassi adattandole alle esigenze generalistiche, mentre per le classi di frequenza (tempo di ritorno) si è proceduto a creare una suddivisione in quattro classi:
-
altissima;
-
alta;
-
media;
-
bassa.
Tali classi saranno integrate con dati numerici laddove siano statisticamente noti e disponibili2.
SCALA DELLA MAGNITUDO |
|||||||||
Intensità |
I |
II-III |
IV |
V |
VI |
VII |
VIII |
IX |
X+ |
Risentimento |
Scarsamente risentito o non risentito |
Debole |
Leggero |
Moderato |
Forte |
Molto forte |
Severo |
Violento |
Estremo |
Occasionali probabilità di feriti e morti |
Concrete probabilità di feriti e morti |
Elevate probabilità di feriti e morti |
MATRICE GENERICA DI DETERMINAZIONE DELLE CLASSI DI PERICOLOSITÀ |
|||||
Classi di magnitudo |
Frequenza probabile |
||||
f4 |
f3 |
f2 |
f1 |
||
Gruppi classi EMS |
Altissima |
Alta |
Media |
Bassa |
|
M3 |
VI-X+ |
P3 |
P3 |
P3 |
P3 |
M2 |
V |
P3 |
P3 |
P2 |
P2 |
M1 |
II-IV |
P2 |
P1 |
P1 |
P1 |
M0 |
I |
P1 |
P1 |
P1 |
P1 |
Vulnerabilità (possibilità di subire danni)
Indica la fragilità di un determinato elemento (persone, edifici, infrastrutture, attività economiche, ambiente), ovvero la sua propensione ad essere colpito e danneggiato in seguito ad un evento di una determinata intensità (di norma viene valutato con una scala da 0 a 1, ove 0 corrisponde a nessuna perdita mentre 1 corrisponde alla perdita totale).
In ambito di protezione civile la vulnerabilità può essere espressa dalla probabilità che si possano registrare morti, feriti, senzatetto, sfollati, danni a strutture e infrastrutture; si tratta di un rapporto direttamente proporzionale a diversi fattori quali il livello di urbanizzazione, la densità abitativa, la fragilità di strutture e infrastrutture presenti in una determinata area. La vulnerabilità è inoltre inversamente proporzionale alla capacità del sistema sociale/territoriale di proteggersi dal pericolo attraverso azioni attive o passive.
La vulnerabilità è scomponibile in due parametri tra loro delimitati dal momento temporale in cui si verifica l’evento: la suscettibilità intesa come propensione del territorio a subire un certo danno e la resilienza intesa come capacità di far fronte all’evento e ripristinare le condizioni di funzionalità precedenti quest’ultima condizione unitamente alla capacità di ripristinare la situazione pregressa sono caratteristiche tipiche di un sistema organizzato non direttamente legate alla valutazione del rischio bensì ad azioni successive all’evento calamitoso.
Le classi di vulnerabilità (fragilità del sistema)
La vulnerabilità (V) rappresenta, in genere, l’aliquota del singolo elemento a rischio che può essere danneggiato nel corso di un evento e si esprime con un numero compreso tra 0 (nessun danno) e 1 (perdita totale) richiede tra l’altro la conoscenza della esatta tipologia, magnitudo e frequenza della fenomenologia come pure la conoscenza del comportamento del singolo bene esposto.
La vulnerabilità di un’area nel suo complesso invece, è la percentuale del valore perduto inteso come “sistema” delle attività umane compromesse a seguito del verificarsi di un determinato processo potenzialmente dannoso; per la sua esatta determinazione richiede, anche essa, la conoscenza della esatta tipologia, magnitudo e frequenza della fenomenologia come pure la conoscenza del comportamento delle strutture e di come queste influenzino lo svolgersi delle relative attività.
Tenuto conto che la stessa V può variare anche in base a fattori casuali, quali ad esempio il periodo dell’anno, il giorno della settimana e l’ora in cui l’evento si verifica, e considerati i dati a disposizione, la relativa valutazione può essere semplificata considerando semplicemente la categoria degli elementi esposti assegnando, sulla base di una aggregazione in classi ponderata, un coefficiente di valore funzione del grado di possibile compromissione. Per arrivare alla parametrizzazione della vulnerabilità, riferita alla singola classe di elementi a rischio o ancora più in dettaglio riferita al singolo elemento a rischio, le attività di studio risultano complesse e onerose; infatti, non è sempre possibile valutare il livello di protezione del costruito (inteso ad esempio come conoscenza delle caratteristiche strutturali di un edificio o come la definizione di piani di protezione civile) o l’energia d’impatto della corrente e quindi arrivare a definire numericamente il grado di resistenza alle sollecitazioni indotte dal verificarsi dell’evento naturale estremo.
Come valutazione generale sono state create quattro classi di vulnerabilità dove V3 corrisponde alla vulnerabilità massima e V0 rappresenta un livello di vulnerabilità non significativa rispetto al pericolo in esame.
Pesatura della Vulnerabilità
In assenza di parametri e studi più dettagliati che permettano valutazioni puntuali della Vulnerabilità si definisce empiricamente che:
-
V3 : soggetto a danno grave (strutturale o perdita totale)–> V3 = 1
-
V2 : soggetto a danno medio(funzionale) –> V2 = 0.50
-
V1: soggetto a danno lieve (estetico) –> V1 = 0.25
-
V0: aree con vulnerabilità non significativa –> V0=0
Lo studio della vulnerabilità è estremamente complesso anche per il fatto che interessa singoli elementi esposti valutati in relazione ad ogni tipologia di fenomeno. Di norma, in questa fase, non avendo possibilità di approfondire le valutazioni, viene applicato il livello di vulnerabilità V3 il cui valore è pari a 1.
Esposizione (valore dei danni agli elementi esposti)
Con esposizione si intendono, la quantità, la qualità e le caratteristiche di ogni elemento che possono essere sottoposti agli effetti dell’evento in una determinata area (popolazione, proprietà, attività economiche, infrastrutture, beni naturali, etc.). Consiste quindi nel numero degli elementi presenti nell’area colpita, in buona sostanza nella densità abitativa e nel grado di urbanizzazione, sono altresì fattori che influenzano il grado di esposizione la presenza di elementi e edifici strategici.
Le classi di esposizione
La conoscenza e classificazione degli elementi esposti è realizzata attraverso l’utilizzo di una serie di strati informativi il cui livello di dettaglio risulterà sempre crescente e strettamente connesso alle informazioni in disponibilità ed al loro grado di utilizzabilità attraverso sistemi di georeferenziazione che consentano l’integrazione di diversi layer. In generale le fonti possono essere :
-
progetto “CORINE LAND COVER” costituiti da mappe di uso suolo divise in layer informativi (scala 1: 100.000 e con una sensibilità di 25 ha, accuratezza geometrica 100m)3;
-
dati da GEOPORTALI NAZIONALE E REGIONALI costituiti da Data Base cartografici e di uso suolo a grande e piccola scala;
-
dati da CARTOGRAFIA I.G.M. (scala 1:25.000);
-
dati da censimenti ISTAT;
-
dati ricavabili dalle mappe contenute negli STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE VIGENTI;
-
dati provenienti dalle CARTE TECNICHE REGIONALI (scala 1:5000);
-
dati provenienti da SPECIFICI RILIEVI AEROFOTOGRAMMETRICI;
-
dati provenienti da INDAGINI DI CAMPO;
-
specifici rilievi condotti con AEROMOBILI A PILOTAGGIO REMOTO;
-
altre e diverse fonti (cartografiche storiche, archivistiche, bibliografiche, etc.) e/o acquisizione diretta di informazioni sul territorio.
Saranno considerati come elementi a rischio innanzitutto l’incolumità delle persone e, inoltre, con carattere di priorità, almeno:
-
gli agglomerati urbani comprese le zone di espansione urbanistica;
-
le aree su cui insistono insediamenti produttivi, impianti tecnologici di rilievo, in particolare quelli definiti a rischio ai sensi di legge;
-
le infrastrutture a rete e le vie di comunicazione di rilevanza strategica, anche a livello locale;
-
il patrimonio ambientale e i beni culturali di interesse rilevante;
-
le aree sede di servizi pubblici e privati, di impianti sportivi e ricreativi, strutture ricettive ed infrastrutture primarie.
Ai fini del presente Piano vengono individuati e classificati gli elementi esposti come riportato nella seguente elencazione:
Centri urbanizzati
E4 Centri urbani ad alta densità abitativa (>250 persone);
E4 Centri urbani a media densità abitativa;
E4 Centri commerciali in orario di apertura;
E4 Centri con presenza di strutture o infrastrutture strategiche;
E4 Aree industriali, artigianali e commerciali in orario di lavoro (> 250 persone);
E3 Centri urbani a bassa densità abitativa (<250 persone);
E3 Attività produttive agricole;
E3 Nuclei rurali (<150 persone);
E3 Aree industriali, artigianali e commerciali in orario di lavoro (<250 persone)
E2 Case sparse (<5 persone);
E2 Centri commerciali, industriali, agricoli fuori dall’orario di lavoro;
E1 Aree non antropizzate e prive di beni esposti;
Esposizione infrastrutture viarie
E4 Strada Regionale
E3 Strada Provinciale
E2 Strada Comunale
Esposizione altre infrastrutture
E4 elementi di pertinenza di impianti di trattamento e movimentazione dell’acqua potabile;
E4 elementi di pertinenza della grande distribuzione elettrica;
E4 elementi di pertinenza della grande distribuzione gas;
E4 ripetitori rete regionale;
E3 verde pubblico attrezzato, aree archeologiche e monumentali;
E2 ripetitori di telefonia mobile;
E2 aree di stoccaggio RSU;
Pesatura del grado di esposizione
E4 –> 1.00
E3 –> 0.75
E2 –> 0.50
E1 –> 0.25
Le classi di danno (D=VxE)
L’analisi del Danno discende direttamente dalle valutazioni della Vulnerabilità e dell’Esposizione realizzata il cui prodotto ci restituisce indici di Danno potenziale per i bersagli in esame ed in relazione alle differenti pericolosità. Di fatto, le classi omogenee di “Danno Potenziale” risulteranno quattro tenendo conto per la loro definizione in primo luogo, del danno alle persone, alle strutture strategiche e poi di quello al tessuto socio-economico ed ai beni non monetizzabili. Le quattro classi di danno possono così essere definite:
-
D4 (Danno potenziale molto elevato):aree in cui si può verificare la perdita di vite umane, ingenti danni ai beni economici, naturali storici e culturali di rilevante interesse, gravi disastri ecologico – ambientali;
-
D3 (Danno potenziale elevato): aree con problemi per l’incolumità delle persone e per la funzionalità del sistema economico, aree attraversate da linee di comunicazione e da servizi di rilevante interesse, le aree sedi di importanti attività produttive;
-
D2 (Danno potenziale medio): aree con limitati effetti sulle persone e sul tessuto socio-economico. Aree attraversate da infrastrutture secondarie e attività produttive minori, destinate sostanzialmente ad attività agricole o a verde pubblico;
-
D1 (Danno potenziale moderato o nullo): comprende le aree libere da insediamenti urbani o produttivi;
Per la pesatura del valore di D vale la relazione VxE come enunciato nella segue matrice:
MATRICE DI DETERMINAZIONE DELLE CLASSI DI DANNO (VxE) |
|||||
CLASSI DI VULNERABILITÀ |
CLASSI DI ESPOSIZIONE |
||||
E4 |
E3 |
E2 |
E1 |
||
1.00 |
0.75 |
0.50 |
0.25 |
||
V3 |
1.00 |
D4 1.00 |
D4 0.75 |
D4 0.50 |
D3 0.25 |
V2 |
0.50 |
D4 0.50 |
D4 0.37 |
D3 0.25 |
D2 0.12 |
V1 |
0.25 |
D3 0.25 |
D2 0.18 |
D2 0.12 |
D2 0.06 |
V0 |
0.00 |
D1 0.00 |
D1 0.00 |
D1 0.00 |
D1 0.00 |
Le classi di rischio
Una volta definite le varie classi di danno così come sopra riportato, occorre individuare il valore del rischio in funzione della pericolosità dell’evento atteso. Pertanto, definiti i 3 livelli di pericolosità (P3, P2, P1) e i 4 di danno potenziale (D4, D3, D2, D1) vengono stabiliti i quattro livelli di Rischio conseguenti R4, R3, R2 ed R1 attraverso la matrice del Rischio.
La legislazione4 individua quattro distinte categorie di rischio, definito prevalentemente sulla base del tipo di danno prodotto:
-
R4 (rischio molto elevato): per il quale sono possibili perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture ed al patrimonio ambientale, la distruzione di attività socioeconomiche.
-
R3 (rischio elevato): per il quale sono possibili problemi per l’incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la interruzione di funzionalità delle attività socio-economiche e danni relativi al patrimonio ambientale.
-
R2 (rischio medio): per il quale sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale che non pregiudicano l’incolumità delle persone, l’agibilità degli edifici e la funzionalità delle attività economiche.
-
R1 (rischio moderato o nullo): per il quale i danni sociali, economici ed al patrimonio ambientale sono trascurabili o nulli.
MATRICE DI DETERMINAZIONE DELLE CLASSI DI RISCHIO (DxP) |
|||
CLASSI DI DANNO (D=VxE) |
CLASSI DI PERICOLOSITA’ |
||
P3 |
P2 |
P1 |
|
D4 |
R4 |
R4 |
R3 |
D3 |
R4 |
R3 |
R2 |
D2 |
R3 |
R2 |
R1 |
D1 |
R2 |
R1 |
R1 |
1 Da quanto sopra se ne deduce che PERICOLO ≠ RISCHIO. Il pericolo è strettamente legato alla “proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni”, mentre il rischio è “probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione”.
Un pericolo può essere identificato in un pavimento bagnato: se nessuno ci cammina, nessuno si farà male cadendoci. Il concetto di rischio subentra nel momento in cui decido di entrare in contatto con un pericolo: continuando l’esempio precedente, decidiamo di camminare sul pavimento bagnato, magari scalzi assumendo la probabilità che un evento (la caduta) si verifichi.
2 Quando possibile le frequenze sono rappresentate in maniera numerica attraverso i tempi di ritorno Tr (es. 1-30 anni, 30- 100 anni, ecc.), quale espressione dell’intervallo di tempo nel quale quel determinato evento si verifica in media una volta. Per la pesatura del valore di P può valere la relazione P = 1 – [MEMS x (1 –1/Tr)], dove MEMS corrisponde al valore della magnitudo assegnata mentre Tr al tempo di ritorno.
4 decreto legge 180/98 e nell’atto d’indirizzo e coordinamento – DPCM 29/9/1998 Pubblicato nella Gazz. Uff. 5 gennaio 1999 n. 3
Ultimo aggiornamento
26 Marzo 2024, 15:04